Nella prima parte di questa raccolta sui più diffusi luoghi comuni sui Cinesi utilizzati per descrivere la Cina e i suoi abitanti, abbiamo voluto lasciare uno spazio ad una riflessione sull’importanza di un approccio aperto e della comprensione delle origini di abitudini e costumi diversi dai nostri. In questa seconda parte proseguiremo il cammino già intrapreso, presentando nuovi spunti e confutando altri cliché e generalizzazioni, spesso attribuiti a questa società dalla storia millenaria.

PERCHÈ I CINESI COPIANO TUTTO?

Luogo comune o verità? Dalle auto ai vestiti e molto altro, le imitazioni sono davvero tante. Ma la produzione cinese non è affatto solo questa. Pur essendo, quello dei falsi cinesi, un mercato indubbiamente fiorente, la nostra percezione del fenomeno è amplificata dal relativo basso volume di esportazione dei ben più costosi prodotti di qualità del “paese di mezzo”. Tali prodotti, infatti, non avrebbero alcun vantaggio competitivo rispetto ai costi di produzione (e quindi al prezzo al consumatore) delle controparti occidentali e troverebbero, tra l’altro, un mercato come quello europeo od americano già maturo e fortemente competitivo. I prodotti di bassa qualità e le copie hanno invece potuto sfruttare un “blue ocean” dei nostri mercati, cioè una fascia di prodotti e costi in cui non fossero presenti altri competitor in grado di ostacolare il volume degli affari.

È VERO CHE NESSUN CINESE CONOSCE L’INGLESE?

Anche in questo caso si tratta di una facile generalizzazione e di uno dei luoghi comuni sui Cinesi più diffuso. È comunque vero che, in percentuale, il numero di cinesi che sappia parlare un buon inglese è ancora molto basso. Perché? Potremmo trovare la risposta in un facile paragone con l’Italia: in un recente sondaggio riguardo la diffusione della lingua inglese nel nostro paese, infatti, l’Italia è risultata essere al 22 posto (su una base di 24 nazioni). Al primo posto la Danimarca, la cui unica differenza nel sistema di insegnamento della lingua anglosassone non è tanto nelle ore in media dedicata allo studio di quest’ultima (2 ore settimanali in entrambe i paesi), quanto nel metodo didattico. Forse, come per noi, anche per i cinesi il problema risiede nei metodi di insegnamento e non nelle reali capacità di apprendimento.

LA CINA È MOLTO INQUINATA?

Il problema dell’inquinamento in Cina è una questione molto delicata e ben nota anche alle autorità dello Stato, attivamente impegnate nella promozione di sviluppo di tecnologie verdi e fonti di energia rinnovabili. In ogni caso la Cina, pur raggiungendo spesso alti picchi di inquinamento, non è l’area del mondo più inquinata: a Nuova Delhi, ad esempio, si è riscontrata una percentuale di PMI nell’aria ben più alta rispetto a Pechino.

I CINESI HANNO TUTTI GLI OCCHI A MANDORLA?

Non è del tutto vero. Nonostante i tratti somatici asiatici siano indubbiamente predominanti in tutte le etnie della regione (ad esempio Coreani, Giapponesi, Vietnamiti, ecc.), vi sono alcune eccezioni. In Cina, ad esempio, l’etnia degli Uiguri (维吾尔), una minoranza islamica di origine turca, presenta un aspetto alquanto differente rispetto ai cinesi Han (汉族), cioè l’etnia più diffusa. Le differenze maggiori si riscontrano proprio nella forma degli occhi, che risulta spesso molto più simile a quella degli occidentali. Gli Uiguri, inoltre, presentano altre caratteristiche genetiche non diffuse tra i popoli asiatici, quali gli occhi chiari, i capelli castani, le lunghe barbe ecc.

Con una popolazione di poco superiore a 10 milioni di individui e un dialetto turcofono, gli Uiguri vivono principalmente nella regione dello Xinjiang (nord-ovest) e nella contea di Taoyuan della provincia di Hunan (Cina centro-meridionale).

 

Alcuni dei luoghi comuni sui Cinesi qui presentati hanno radici ben più antiche di quanto si possa sospettare: persino nell’antica Grecia si guardava ad oriente con sospetto e meraviglia, e molte erano le storie mirabili e le “dicerie” sui visitatori dell’Est. Questo genere di cliché, in realtà, non è soltanto frutto di una scarsa conoscenza di una realtà percepita come distante o misteriosa, ma si tratta anche di un principio di semplificazione, messo in pratica inconsciamente per rendere più comprensibile o meno “strano” ciò che ci richiederebbe sforzo e attenzione per essere compreso.

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