Oggi vi consigliamo un romanzo molto interessante, pubblicato nel 1931, con cui l’autrice Pearl Sydenstricker Buck si è aggiudicata nello stesso anno il Premio Pulitzer.

La scrittrice nasce in West Virginia alla fine dell’Ottocento, da una coppia di missionari presbiteriani operanti in Cina. Trascorre la sua adolescenza sulle rive del fiume Yang Tze, a stretto contatto con la storia e i costumi del luogo.

Dopo gli studi in America, torna in Cina e sposa un missionario, che affiancherà nell’attività pastorale fino all’assegnazione di una cattedra in Letteratura Inglese presso l’Università di Nanchino.

Il quadro biografico di Pearl S.Buck dichiara l’attendibilità del suo racconto, ambientato nella Cina del primo Novecento.

I protagonisti sono un modesto contadino di nome Wang Lung e la sua sposa O-Ian. I due avviano la propria vita coniugale con l’acquisto di un terreno, che costituirà, nel corso del romanzo, la metafora  di un nucleo familiare in grado di dare frutti e soddisfazioni, ma anche fatiche e momenti di difficoltà.

Costante la tematica della vita patriarcale nel ceto contadino, accompagnata da notevoli descrizioni che denunciano le pesanti condizioni di sottomissione della donna e da dettagliati racconti in grado di fornire al lettore uno spaccato della storia sociale della Cina dell’epoca.

La “buona terra” rappresenta il simbolo di una famiglia fertile, coltivata con una salda fede negli antichi valori della cultura umana.

In questo metaforico parallelismo, si intrecciano le vicende dei due coniugi e dei loro figli, costellate non solo da drammi familiari, ma anche da inondazioni, distruzioni del raccolto e carestie.

Tutto è condensato in un ammonimento che i figli ricevono dal padre Wang Lung in punto di morte: “Quando si comincia a vendere la terra è la fine di una famiglia. Dalla terra siamo venuti e alla terra dobbiamo tornare… Se conserverete la terra vivrete”.

Primo di una trilogia (seguiranno “I Figli” e “La Famiglia Dispersa”), “La Buona Terra” dà avvio a una vera e propria saga, che abbraccia quattro generazioni della stessa famiglia contadina.

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Martina Suñé

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