La donna è mobile: e non solo.
Anche gli uomini lo so. E se italiani tanto meglio.
L’epidemia del “piede libero” che sta colpendo i giovani italiani intorno ai 30, è qualcosa di irrefrenabile.
Il ciclo di vita di un giovane italiano è alquanto standardizzato.
Università ormai alla portata di tutti.Non importano gli anni impiegati a finire gli studi.
Ma dopo l’università, la sorte di noi giovani segue la stessa linea, o almeno, ciò è quanto accade nella maggioranza dei casi.
Crisi di identità, frustrazione, perdita di autostima.
Cosa fare per risollevarsi e uscire dalle oscure logiche bigotte del Bel Paese? Andiamo all’estero.
E non si è ancora capito se lo facciamo realmente per noi stessi o per punire quelli che restano. Purtroppo però non è così semplice neppure scappare.
Si spera sempre di superare le selezioni per una borsa europea, di partire senza chiedere soldi alla propria famiglia o dover reinvestire i propri.
Insomma, si spera di partire già con un programma ben definito che garantisca un salario minimo mensile. Ma tra dire e il fare in Italia non c’è un solo mare, ma diversi.
Partire non è semplice. Molto spesso si ha paura e si attende anche la decisione di un caro amico che possa accompagnarci.
L’unione fa la forza e in due è sicuramente meglio. Ma magari il caro amico ha già trovato nel frattempo un lavoretto decente che gli permette di campare in modo dignitoso.
E per il momento sembra essersi accontentato. E tu sei lì, con un piede dentro ed uno fuori dall’Italia, a chiederti se valga la pena di restare. In fin dei conti mal che vada farai un’esperienza.
Il suono di questa parolina è quasi magico. Neolaureato con esperienza. Richiesti almeno 3 anni di esperienza. Con esperienza. Ma nessuno che ci chieda mai se siamo pronti per una Nuova Esperienza.
Ho potuto provare sulla mia pelle che tutti vogliono esperienza da noi ma nessuno si sforza di offrircene.
Ebbene sì. Siamo in troppi. Troppi laureati. Troppo comodi forse.
Bene. Non ci resta che cercare questa Nuova Esperienza altrove.
L’esperienza è farsi le ossa lontano da casa. Ritrovarsi da soli in un posto dove nemmeno l’inglese è sufficiente. Aver voglia di piangere e riscoprire il gusto di parlare con i gesti all’italiana. Questo si chiama adattamento.
Un periodo all’estero dovrebbe far parte della cultura italiana che ci impone ancora la credenza dei cervelli in fuga. Non ci è ancora chiaro a cosa sia dovuta la fuga.
Ad un’Italia che non sa preservare il proprio patrimonio culturale infuso nei giovani oppure ad una voglia di crescita personale?
Forse la verità è nel mezzo. Il vero dubbio nasce quando si tratta di tornare.
A tutti piace la vita facile e a pochi le sfide.
La vera sfida sarebbe tornare e mettere al servizio del paese le proprie competenze. Un paese ormai fatto di giovani stanchi. Stanchi di sentirsi non abbastanza.
E per togliere la negazione di questa frase non ci resta che partire. In territori neutri. Dove possiamo riscoprire chi siamo realmente e quanto valiamo.
I bei ricordi dei paesi visitati sono spesso associati alle persone che abbiamo incontrato.
Ebbene allora facciamoci piacere! Non siamo solo pizza, spaghetti e Armani.
Siamo gente di cultura con anni di storia alle spalle. Esportiamo l’Italia e invitiamoci a riscoprirla come un vecchio anfiteatro che deve ancora emergere dagli scavi.
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