Filippo, 25 anni, originario di Modena, un’esperienza di Erasmus a Granada  e una laurea in Brand Management a Milano.  Lo accompagniamo nel suo Internship Language Program a Hong Kong: in questo capitolo ci racconta del suo stage in azienda, tra routine di lavoro e avvenimenti curiosi.

Il mio Internship Language Program a Hong Kong si svolge presso una società italiana specializzata nella commercializzazione di prodotti ‘No Food’ sul territorio Asiatico.

Ricordo perfettamente il mio primo giorno in azienda: mi presentai puntuale, suonai il campanello poiché non ero ancora dotato di un badge per l’ingresso, e, appena entrato nella hall, la receptionist esordì con un “chi sei?”.

Appresi che, quel giorno, nessuno dei referenti con cui avevo interagito fino a quel momento era presente in ufficio, così fu subito un po’ complicato spiegare alla persona che avevo di fronte chi fossi.

Per fortuna, dopo qualche minuto si presentò colei che poi sarebbe diventata la mia referente per almeno metà della mia esperienza in azienda, con cui avevo avuto un rapido incontro qualche settimana prima in un meeting pre-stage.

Così Berry, responsabile del ‘Packaging Department’, mi fece familiarizzare con l’ambiente, mostrandomi la mia postazione e i servizi generali in dotazione all’ufficio.

Due cose mi colpirono particolarmente il primo giorno: la prima fu che, dopo avermi incontrato, Emily, responsabile HR, si occupò di introdurmi brevemente ad ogni singolo componente dell’ufficio, facendomi sentire subito parte della squadra. Dall’altro lato, invece, notai come, fino al momento della “presentazione ufficiale”, nessuno dei miei futuri colleghi distogliesse lo sguardo dal monitor per salutarmi o anche solo farmi un cenno o un sorriso di benvenuto. Capii presto, osservando la stessa dinamica anche con altri colleghi arrivati dopo di me, che questo rappresenta una consuetudine del mondo del lavoro in Cina.

Se dovessi descrivere l’ambiente lavorativo a Hong Kong in tre parole sarebbero: frenetico, pieno e costante.

Fin dalla mattina presto è possibile notare flussi enormi di persone che si spostano dalle loro abitazioni per raggiungere gli uffici attraverso qualsiasi mezzo di trasporto: metropolitana, bus, tram o addirittura correndo.

Inoltre, in una città così orientata al lavoro è facile, anche nei momenti di svago, che si parli di business, si potrebbe quindi dire che a Hong Kong “il lavoro non dorme mai”.

Fin dal primo giorno ho apprezzato l’estrema serietà e la professionalità

dei colleghi, che mi hanno aiutato ad adattarmi ai ritmi e agli standard del nostro ufficio, anche se inizialmente è non stato facile.

All’interno della nostra struttura organizzativa si contano circa 25 lavoratori local e 5 o 6 lavoratori di origine italiana, tra cui me. Il rapporto tra local ed expat è piuttosto sbilanciato, ragione per cui in ufficio è facile sentir parlare cantonese.

Tuttavia, il mix di colleghi local e italiani mi ha permesso di interagire con due realtà molto diverse tra loro, che, lavorando sodo e con ritmi molto elevati, sono in grado di completarsi ed essere molto performanti.

Dopo un periodo di diffidenza iniziale, alcuni colleghi cinesi hanno iniziato ad aprirsi con me, chiedendomi di unirmi a loro per la pausa pranzo o anche solo per fare due chiacchiere durante la giornata.

Una delle prime cose che diversi colleghi local mi hanno chiesto è stato di insegnare loro qualche parola in italiano, sia per propria cultura personale, sia per poterle utilizzare orgogliosamente sul posto di lavoro.

Inoltre, ho notato come i cinesi siano molto curiosi di sapere quale sia lo stile di vita italiano: cosa ci piace fare, cosa ci piacerebbe visitare o mangiare o più semplicemente le abitudini della nostra quotidianità.

Di conseguenza, anche io ho provato a capire quali fossero i loro interessi principali al di fuori del lavoro: si va dalle gite in hiking nel weekend, al trovarsi con gli amici per fare giochi di società, “molto popolari” a loro dire, fino ai workshop sulla costruzione del vetro o alla pesca.

Ho riscontrato, inoltre, come sia difficile che un local riferisca di andare con amici a bere qualcosa o uscire la sera, forse per timidezza oppure più semplicemente per riservatezza.

Recentemente mi è capitato un episodio molto particolare: in occasione del pericoloso arrivo del “Typhoon number 8”, il Governo di Hong Kong ha emesso un’ordinanza per costringere tutti ad abbandonare immediatamente il posto di lavoro e andare a rifugiarsi a casa fino al completo passaggio della tempesta.

Era la prima volta che mi capitava una situazione del genere, poiché non è usuale imbattersi in problemi di natura atmosferica di questo genere in Italia.

Da un lato ero felice di poter terminare prima del previsto la giornata lavorativa, dall’altro avevo iniziato a preoccuparmi a causa delle descrizioni dei colleghi di alcuni tifoni transitati negli anni passati in città: raffiche di vento potentissime, canali d’acqua per la strada, finestre rotte dall’impatto con oggetti sollevati dalla forza brutale del vortice d’aria.

Alla fine, per fortuna, non ci sono stati gravi danni a persone o cose, ma ricordo con una certa impressione il totale coprifuoco in città, con ristoranti e attività chiuse già dal tardo pomeriggio.

Il periodo di stage in azienda costituisce il punto focale della mia esperienza a Hong Kong e rappresenterà un valore aggiunto per il mio futuro professionale ma anche umano: il lavoro non è solo carriera, ma include anche molte relazioni umane e sentimenti.

Una duplice crescita quindi, che sarà in grado di gettare le fondamenta del mio avvenire, con la memoria di questi giorni che certamente non dimenticherò mai.

 

> Continua a leggere il Diario di Viaggio di Filippoe prosegui con il capitolo successivo.

Salva

Salva

Salva

Salva

Post precedente

Filippo | Cap 3: Cultura a Hong Kong

Post successivo

“Apertura al cambiamento, spirito di adattamento, voglia di mettersi in gioco” La testimonianza di Emanuele

Ancora nessun commento

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *