Un cambiamento strisciante sta coinvolgendo gli operatori turistici che organizzano escursioni al celebre castello sforzesco di Milano.

La brochure di un’importante compagnia del settore indica le lingue disponibili per il tour: inglese, francese, tedesco, spagnolo, russo, cinese. E il giapponese? Non pervenuto.

I turisti provenienti dal Sol Levante costituiscono ancora grandi masse di viaggiatori brulicanti per tutto il mondo. Eppure lo stereotipo che li vede come rappresentanti unici dei popoli asiatici è ben incamminato sulla via del tramonto.

Nulla, infatti, potrà facilmente sfiorare i record toccati dal turismo cinese verso l’estero nel corso del 2014: 109 milioni di viaggiatori, per una spesa totale di 152,3 miliardi di euro che si sono riversati tra hotel, servizi e acquisti nel mercato di fascia media e alta, prevalentemente in altri paesi asiatici ma non solo.

Entrambe le variabili – numero di viaggiatori e spesa all’estero – crescono a doppia cifra di anno in anno.Nessun’altra nazione esporta tanti turisti con tanta valuta nelle rispettive tasche.

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Un passo indietro. Nel 2000, circa 15 milioni di cinesi attraversarono i confini della madrepatria per ragioni di studio, lavoro o turismo.

Quest’ultima categoria era pressoché interamente compresa nei viaggi organizzati di gruppo con la formula “pochi soldi, poco tempo e tanta strada”.

Cinesi stipati nei pullman potevano essere sballottati attraverso cinque stati europei in dieci giorni, con tappe obbligatorie nei luoghi simbolo del socialismo europeo, per esempio la città natale di Karl Marx.

Durante gli anni successivi la situazione è radicalmente mutata.

Complice la sempre maggiore apertura del governo cinese verso altri modelli economici, l’aumento di consistenza della classe media, la diffusione del pur censurato internet e i costi sopra la media dei prodotti di alta gamma in Cina – oberati da gravi imposte locali –, il fenomeno dei viaggi all’estero è esploso.

Le potenzialità di crescita sono ancora più strabilianti alla luce del fatto che appena il 5% della popolazione cinese possiede un passaporto e che il fenomeno di urbanizzazione, presupposto per la crescita di una classe media, è ancora in pieno svolgimento.

Grazie a internet, gli individui sono stimolati a diffondere e considerare i resoconti di chi ha già viaggiato e, in conseguenza, a pianificare le proprie vacanze da sé. Governo cinese ed enti intergovernativi prevedono che, entro il 2020, la Cina diverrà il primo mercato anche per quello che riguarda i voli intercontinentali, superando Germania, Stati Uniti e Regno Unito.

Per l’industria turistica in Occidente, si tratta di farsi trovare preparata di fronte a visitatori che espatriano spesso per la prima volta, non parlano inglese e hanno un retroterra culturale in molti asttpei alieno.

Per fortuna, si tratta di una sfida che può portare grandi profitti e molti posti di lavoro e che, soprattutto, non si può rifiutare.

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