La catena montuosa di Huangshan (黄山) detta Yellow Mountain si trova a sud della provincia dell’Anhui. E’ stata decretata patrimonio dell’umanità dall’UNESCO dal 1990.

Il viaggio consta di 6 ore di pullman dalla stazione sud di Shanghai.

Una volta arrivati ai piedi della montagna, si risale fino all’hotel designato (il nostro era in cima al monte, a 8 km dalla stazione) scegliendo tra diversi percorsi, tutti caratterizzati dall’essere composti interamente di gradini.

Dopo una notte di riposo in cima alla montagna, si può ammirare il sole che sorge e godere di uno dei cinque panorami migliori che la Cina può offrire.

Le nuvole che corrono veloci coprono e svelano i tipici panorami che hanno ispirato molti scrittori e pittori cinesi, dando vita allo scenario magico ed etereo che i cinesi chiamano “mare di nuvole” (雲海, Yun Hai).

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La vegetazione è quella che compone la foresta equatoriale e temperata, quindi molto varia, rigogliosa.

Particolare è il foliage che si può osservare in questo periodo composto da bamboo a basse altitudini, seguito da pini (il famoso e tipico Pinus Hwangshanensis), tigli, aceri, enkhiantus chinensis, rododendri, magnolie, azalee e ortensie selvatiche.

E’ inoltre possibile osservare scoiattoli e qualche scimmia dalla pelliccia molto folta (Scimmia dello Huangshan), se si è fortunati.

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Qui in Cina, come in tutte le città in cui ho vissuto, ho portato il mio libro preferito, “Le Città Invisibili” di Calvino perchè mi piace pensare che anche io stia in qualche modo attraversando le mie personali città invisibili.

Ciò che amo di questo testo è il potere che mi dà di vedere ogni nuovo luogo con gli occhi di Marco Polo.

Spesso vedo dettagli che mi ricordano passi del libro, e quello di seguito è quello che meglio rappresenta il modo in cui ho visto Huangshan, e quello che ho sentito attraversando i suoi boschi e osservando i suoi abitanti. Lo condivido coi lettori del blog Stage in Cina:

Dopo aver marciato sette giorni attraverso boscaglie, chi va a Bauci non riesce a vederla ed è arrivato. I sottili trampoli che s’alzano dal suolo a gran distanza l’uno dall’altro e si perdono sopra le nubi sostengono la città.

Ci si sale con le scalette. A terra gli abitanti si mostrano di rado: hanno già tutto l’occorrente lassù e preferiscono non scendere.

Nulla della città tocca il suolo tranne quelle lunghe gambe da fenicottero a cui si appoggia e, nelle giornate luminose, un’ombra traforata e angolosa che si disegna sul fogliame.

Tre ipotesi si dànno sugli abitanti di Bauci: che odino la Terra; che la rispettino al punto da evitare ogni contatto; che la amino com’era prima di loro e con cannocchiali e telescopi puntati in giù non si stanchino di passarla in rassegna, foglia a foglia, sasso a sasso, formica per formica, contemplando affascinati la propria assenza.


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